Videosorveglianza: cosa si rischia in caso di mancanza di accordo sindacale, autorizzazione DTL, anche in caso di telecamere finte o spente

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lunedì 01 febbraio 2021

Videosorveglianza: cosa si rischia in caso di mancanza di accordo sindacale, autorizzazione DTL, anche in caso di telecamere finte o spente

Da sottolineare che il potere dell’imprenditore, di controllare e di vigilare riconosciuto come legittimo secondo l’art 2104, comma 2 e art. 2087 c.c., incontra limiti bene definiti dalla normativa.

Da sottolineare che il potere dell’imprenditore, di controllare e di vigilare riconosciuto come legittimo secondo l’art 2104, comma 2 e art. 2087 c.c., incontra limiti bene definiti dalla normativa. Con riferimento alla videosorveglianza, l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori regola i cosiddetti controlli a distanza, vietando all’imprenditore l’installazione e l’utilizzo degli impianti audiovisivi e degli altri apparecchi qualora siano finalizzati alla vigilanza sull’attività lavorativa o meglio sulla prestazione resa dai lavoratori. 

Il nuovo art. 4 L. 300/70 (come riformato dal Jobs Act) dispone infatti che “gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale”. 

Dunque, la norma non prevede soltanto limiti al controllo datoriale, ma prevede anche una serie di requisiti oggettivi preliminari all’installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo. In particolare, è consentita l’installazione di una videocamera (ad esempio in un magazzino al fine di prevenire furti o danneggiamenti), solo previo accordo sindacale o “in mancanza”, dice la norma, previa Autorizzazione Amministrativa (comma 1 dell’art. 4 modificato dall’art. 5 comma 2 del D.lgs. n. 185/2016) rilasciata dall’Ispettorato del Lavoro. 

Per l’inosservanza delle disposizioni in materia giuslavoristica è prevista l’ammenda da 154 euro a 1.549 euro, oppure l’arresto da 15 giorni ad un anno, ai sensi degli artt. 4 e 38, L. n. 300/1970; a meno che il fatto non costituisca un reato più grave. Nei casi più gravi le pene possono essere applicate congiuntamente ed inoltre, qualora la pena dell’ammenda sia inefficace, il Giudice può quintuplicarla. Oltre all’inutilizzabilità (immagini) dei dati da parte del datore di lavoro.

Per il mancato rispetto delle disposizioni in materia di privacy era prevista la sanzione amministrativa da € 30.000,00 a € 180.000,00 (art. 162, comma 2 ter, D.Lgs. n. 196/2003) formalmente abrogata dal D.lgs. 101/18, e ora applicabile, anche in misura maggiore, secondo le attuali disposizioni del GDPR, considerata altresì la necessità di svolgere anche una PIA preventiva

Dunque, qualora vi sia la presenza di una RSA in azienda e lo stessa non sia consultata il Sindacato potrà altresì promuovere un’azione ex art. 28 L. 300/70 contro l’imprenditore il quale, non avendo coinvolto la RSA, integra una condotta qualificabile come antisindacale. 

Quando è necessario procedere all’accordo?

Prima di procedere all’installazione. Infatti, la norma ha una dizione chiara sul punto: gli impianti di videosorveglianza “possono essere installati previo” accordo sindacale o rilascio dell’autorizzazione. Inoltre, la Corte di Cassazione, con la sentenza 8 maggio 2017 n. 22148, ha affermato che la sola installazione di un impianto di videosorveglianza in assenza della richiesta procedura sindacale o, senza la previa autorizzazione delle competenti sedi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ex art. 4 della L. 300/70 deve essere sanzionata penalmente, anche qualora i singoli lavoratori abbiano acconsentito all’utilizzo dell’apparecchio. La sentenza citata non solo chiarisce che non è possibile installare sistemi di video sorveglianza in mancanza della procedura prevista dallo Statuto dei Lavoratori, ma altresì che l’eventuale consenso prestato dai lavoratori non può assumere alcuna rilevanza o costituire una deroga. Appare evidente che il consenso di un lavoratore subordinato, contraente debole del rapporto, non può prestare un consenso libero al trattamento stabilito e organizzato dal datore di lavoro e dunque quest’ultimo è tenuto a far vagliare la propria richiesta dalla RSA o dall’Ispettorato. Secondo la pronuncia in esame, la condotta datoriale integra non solo un illecito penale, bensì anche una condotta antisindacale, suscettibile di essere repressa con la speciale procedura descritta dall’art. 28 della medesima L. n. 300/70. 

Lo stesso vale per telecamere installate ma non in funzione?

Come indicato dalle FAQ pubblicate sul sito del Garante della Privacy: La normativa in materia di protezione dati non si applica al trattamento di dati che non consentono di identificare le persone, direttamente o indirettamente, come nel caso delle riprese ad alta quota (effettuate, ad esempio, mediante l’uso di droni). Non si applica, inoltre, nel caso di fotocamere false o spente perché non c’è nessun trattamento di dati personali (fermo restando che, nel contesto lavorativo, trovano comunque applicazione le garanzie previste dall’art. 4 della l. 300/1970) o nei casi di videocamere integrate in un’automobile per fornire assistenza al parcheggio (se la videocamera è costruita o regolata in modo tale da non raccogliere alcuna informazione relativa a una persona fisica, ad esempio targhe o informazioni che potrebbero identificare i passanti).

Pertanto, in continuità con il Provvedimento del 29 novembre 2000, il decalogo precettivo in materia di videosorveglianza, seguito poi dal successivo Provvedimento del 29 aprile 2004, sostituito dal Provvedimento in materia di videosorveglianza 8 aprile 2010, emanato dal Garante rimane nei suoi i principi fondamentali. 

Il tutto alla luca delle nuove Linee Guida dell’EDPB 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video allo scopo di fornire indicazioni sull’applicazione del Regolamento in relazione al trattamento di dati personali attraverso dispositivi video, inclusa la videosorveglianza.

Le suddette Linee Guida comportano anche l’aggiornamento dell’informativa per terzi visitatori e lavoratori:

L’informativa può essere fornita utilizzando un modello semplificato (anche un semplice cartello, come quello realizzato dall’EDPB e disponibile qui), che deve contenere, tra le altre informazioni, le indicazioni sul titolare del trattamento e sulla finalità perseguita. Il modello può essere adattato a varie circostanze (presenza di più telecamere, vastità dell’area oggetto di rilevamento o modalità delle riprese). L’informativa va collocata prima di entrare nella zona sorvegliata. Non è necessario rivelare la precisa ubicazione della telecamera, purché non vi siano dubbi su quali zone sono soggette a sorveglianza e sia chiarito in modo inequivocabile il contesto della sorveglianza. L’interessato deve poter capire quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o adeguare il proprio comportamento, ove necessario. L’informativa deve rinviare a un testo completo contenente tutti gli elementi di cui all´art. 13 del Regolamento, indicando come e dove trovarlo (ad es. sul sito Internet del titolare del trattamento o affisso in bacheche o locali dello stesso).

La mancata resa dell’informativa ai lavoratori si ricorda che rende inutilizzabili le immagini del lavoratore da parte del datore di lavoro (art. 4 ultimo comma L. 300/70).

Quel che infine non si deve dimenticare, con riferimento anche ai sistemi di videosorveglianza disattivati o fasulli, è quanto precisato dalle suddette Linee Guida ossia che :

L’uso intensivo di dispositivi video influisce sul comportamento dei cittadini. Un ricorso significativo a tali strumenti in numerosi ambiti della vita delle persone eserciterà su queste ultime un’ulteriore pressione per impedire il rilevamento di quelle che potrebbero essere percepite come anomalie. Di fatto, queste tecnologie possono limitare le possibilità di muoversi e di utilizzare servizi in maniera anonima nonché, in linea generale, la possibilità di passare inosservati. Le conseguenze per la protezione dei dati sono enormi

Mentre le persone potrebbero essere a proprio agio con la videosorveglianza installata, ad esempio, per una determinata finalità di sicurezza, occorre assicurare che non ne venga fatto un uso improprio per scopi totalmente diversi e inaspettati per l’interessato (ad esempio, per scopi di marketing, controllo delle prestazioni dei dipendenti, ecc.). Inoltre, attualmente si utilizzano molti strumenti per sfruttare le immagini acquisite e trasformare le telecamere tradizionali in telecamere intelligenti. La quantità di dati generati da video, unitamente a questi strumenti e tecniche, aumenta i rischi di un uso secondario (correlato o meno allo scopo al quale viene inizialmente destinato il sistema) o persino improprio. Nel gestire la videosorveglianza sarebbe opportuno considerare sempre attentamente i principi generali del RGPD (articolo 5). 

I sistemi di videosorveglianza incidono in svariati modi sulle interazioni messe in atto dai professionisti del settore privato e pubblico in luoghi pubblici o privati allo scopo di migliorare la sicurezza, analizzare le risposte del pubblico, fornire pubblicità personalizzata, ecc. La videosorveglianza è diventata un sistema ad alte prestazioni grazie alla crescente applicazione di analisi video intelligenti. Queste tecniche possono essere più intrusive (tecnologie biometriche complesse) o meno intrusive (semplici algoritmi di conteggio). Restare anonimi e preservare la propria privacy è, in linea generale, sempre più difficile. Le questioni relative alla protezione dei dati sollevate nelle diverse situazioni possono essere diverse, così come l’analisi giuridica riferita all’utilizzo dell’una o dell’altra di queste tecnologie.”

“La videosorveglianza non è di per sé indispensabile se esistono altri mezzi per raggiungere lo scopo che ci si prefigge. Altrimenti si rischia di modificare le norme culturali con la conseguenza di ammettere come regola l’assenza di privacy. Le presenti linee guida mirano a fornire indicazioni sull’applicazione del RGPD in relazione al trattamento di dati personali attraverso dispositivi video.”

Queste le ragioni poste a fondamento anche dell’obbligo di svolgere una PIA ex art. 35 GDPR prima dell’inizio del trattamento.

Febbraio 2021

Avv. Victoria Parise

Partner di The Legal Match - Firenze