IL COPYLEFT

lunedì 15 novembre 2021

IL COPYLEFT

Internet è infatti la manifestazione del fatto che esistono zone franche di deroga alle regole generali del diritto d’autore, in presenza di cause giustificatrici quali il fair use, il pubblico dominio e il copyleft.

Come è noto, il diritto d’autore conferisce a chi detiene la paternità di un’opera dell’ingegno alcuni importanti diritti, tra cui quello esclusivo di poterla sfruttare economicamente e di impedirne, senza il proprio consenso, l’utilizzo da parte di soggetti terzi. Il diritto d’autore nasce contestualmente alla creazione dell’opera e consente all’autore che ne mantiene la paternità di disporre dell’opera, anche cedendo i diritti di sfruttamento a terzi.

Non bisogna tuttavia incorrere nell’errore di ritenere che la disciplina del diritto d’autore sia applicabile a tutto ciò che è reperibile sul web e che tutti i contenuti on line siano soggetti alle restrizioni del copyright.

Internet è infatti la manifestazione del fatto che esistono zone franche di deroga alle regole generali del diritto d’autore, in presenza di cause giustificatrici quali il fair use, il pubblico dominio e il copyleft.

Il fair use appartiene alla tradizione giuridica del mondo anglosassone e più nello specifico degli Stati Uniti.

In Italia l’art. 70 Legge  n. 633/ 1941  è una disposizione per certi versi analoga a quella contenuta nello United States Code secondo cui: “ll riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”.

Il Fair use opera come una deroga e permette di utilizzare, senza richiedere autorizzazioni all’autore, materiale protetto da copyright (segnaliamo in argomento, Tribunale di Roma, sentenza 16 aprile 2021 che ha applicato l’istituto del fair use).  

Il pubblico dominio si riferisce al caso in cui un’opera non è soggetta a copyright perché sono decorsi i termini di protezione legale e quindi l’opera è liberamente utilizzabile, senza necessità di autorizzazione da parte dell’autore.

Il pubblico dominio risponde all’esigenza della collettività di libera fruizione culturale dell’opera. I diritti patrimoniali soddisfano la necessità di ricompensare l’autore per la forma espressiva della sua opera, frutto della sua interpretazione personale, del suo gusto e del suo ingegno. Al fine di bilanciare le due opposte esigenze, i diritti patrimoniali di utilizzazione economica di un’opera sono concessi per un tempo determinato (sino a 70 anni dopo la morte dell’autore), prima di farla diventare di pubblico dominio.

 Il copyleft è una sottocategoria del copyright: se il copyright, infatti, tutela le opere dell'ingegno, il copyleft lascia liberi tutti coloro che non sono autori dell'opera di poterne usufruire. Il copyleft in termini generali è una forma di licenza attraverso cui l’autore dell’opera dell’ingegno/del programma indica ai fruitori dell’opera che essa può essere utilizzata, diffusa e modificata liberamente, seppure nel rispetto di alcune condizioni essenziali.

Il software con copyleft consente agli utenti di eseguire, modificare, copiare e distribuire il software a condizione che il codice sorgente rimanga aperto e pubblicamente disponibile: l’utente che utilizza un software che gode della tutela di copyleft può utilizzare il software per qualsiasi scopo, studiare, riprodurre e divulgare il software modificato. 

Il copyleft rende un programma (o altra opera) e tutte le modifiche e versioni estese software libero e rappresenta un forte incentivo per i programmatori a migliorare il software libero.

Come affermato in dottrina: “Il copyleft non è una sorta di sistema legale alternativo al copyright, tantomeno una forma di rifiuto totale della tutela giuridica riservata alle opere dell’ingegno. Il copyleft è solo un modello alternativo di gestione dei diritti d’autore: alternativo rispetto alla prassi tradizionale che vuole tali diritti trasferiti in blocco e con parametri temporali e soggettivi piuttosto standardizzati. Il copyleft si fonda strettamente sul diritto d’autore ed è grazie a quest’ultimo che può esistere e funzionare(Aliprandi S., Teoria e pratica del software, NDA press, 2006).

Ricordiamo che la prima licenza pubblica generale fu creata ne 1983 da un esperto di computer (Mr. Richard Stallman) per governare l'uso di un progetto di programmazione OPEN SOURCE denominato GNU; Mr. Stallman ha trasferito e divulgato il suo programma mantenendo i suoi derivati ​​aperti e liberamente disponibili.

Da allora il concetto di libera circolazione delle opere d’ingegno si è evoluto estendendosi a più settori di pubblica fruizione. Basti pensare alle licenze Creative Commons che sono contratti attraverso i quali, in un modo semplice e standardizzato, l’autore comunica quali diritti riserva a sé stesso e quali cede in uso ai fruitori della sua opera secondo il modello "alcuni diritti riservati".

La più nota Creative Commons è la Creative Commons Music, un’organizzazione senza fini di lucro con sede in Mountain View che mette a disposizione degli utenti più di 35.000 tracce e più di 90.000 suoni in un’audio-libreria on line.

Avv. Emidia Di Sabatino

The Legal Match- sede di Bologna